Le Commissioni della XVII e XVIII (2015-2018) Legislatura (2021-2022) analizzano questa pista

Articolo 9: La Questione degli Esplosivi
Il 10 aprile 1991, alle 22:25, il Moby Prince urta l’Agip Abruzzo nella rada di Livorno, e un incendio uccide 140 persone. Un dubbio resiste: esplosivi a bordo del traghetto? Le Commissioni della XVII (2015-2018) e XVIII Legislatura (2021-2022) analizzano questa pista.
L’ipotesi di esplosivi nasce da alcune anomalie. L’ex agente del SISMI Massari rileva composti chimici nel locale eliche di prua, compatibili con esplosivi civili e militari. Il rogo, che in un minuto travolge il Moby, appare troppo rapido per il solo Iranian Light.
Il porto di Livorno, che non controllava i manifesti di carico, lasciava spazio a traffici illeciti. L’Italia del 1991 porta il peso della strategia della tensione, con stragi come Piazza Fontana o Bologna, spesso attribuite a Gladio e servizi deviati. La presenza sarda in Toscana—sulla rotta Livorno-Olbia—solleva sospetti. L’Anonima Sarda, attiva negli anni ’80-’90, operava in piccoli gruppi autocefali, disorganizzati, difficili da tracciare, e poteva trafficare armi o esplosivi. Aree come Capo Marrargiu, in Sardegna, ospitavano fino agli anni ’80 campi di Gladio, con depositi di esplosivi, forse legati a trasporti non dichiarati sul Moby.
Il pentito Maurizio Avola, nel 2020, rivelerà che Cosa Nostra usava traghetti per spostare materiali esplosivi, e un fascicolo del 1992 accenna a carichi sospetti.
La perizia della XVIII Legislatura, condotta dal colonnello Adolfo Gregori e dall’ingegnere Gianni Bresciani, esclude tuttavia ordigni. Analisi con spettrometria di massa sul locale eliche di prua e il garage non trovano residui di nitroglicerina o tritolo. La lamiera della prua, deformata, corrisponde a un urto con l’Agip Abruzzo, non a una detonazione.
Un’esplosione avrebbe lasciato schegge proiettate—frantumi metallici sparsi—e bruciature circolari profonde, tipiche di ordigni ad alto potenziale, ma questi segni mancano. L’esplosione nel locale eliche è attribuita quindi a gas di petrolio penetrati dopo la collisione, che con 270.000 litri di greggio spiegano la velocità del rogo. Il rapporto del 1992, che segnalava composti chimici, è screditato: i campioni, mal conservati, subirono una probabile contaminazione in archivio, rendendo i dati inaffidabili.
La perizia chiude l’ipotesi di una bomba, ma il contesto—Gladio, mafia, Anonima Sarda—lascia ancora, per alcuni, interrogativi aperti. Le famiglie chiedono perché all’epoca non si scavò oltre, anche se probabilmente risulta chiaro che sia necessario guardare altrove.
Luca Tacchi