Articolo 6. Il Mistero del Fuoco sull’Agip Abruzzo

Articolo 6: Il Mistero del Fuoco sull’Agip Abruzzo

Alle 22:25 del 10 aprile 1991, il Moby Prince si scontra con l’Agip Abruzzo nella rada di Livorno, e un inferno di fiamme spegne 140 vite. Ma se il fuoco fosse nato prima, non dall’impatto, bensì da un rogo già vivo sulla petroliera? La Commissione della XVII Legislatura (2015-2017) non lo conferma, ma un’eco si leva da Paolo Thermes e Roger Olivieri, cadetti dell’Accademia Navale, e da Florio Pacini, ex dirigente Navarma, che indicano una verità diversa. Nella XVIII Legislatura, il caso resta un sussurro per le famiglie, ma il sospetto cresce come una marea.
Il traghetto salpa alle 22:00 verso Olbia con 141 anime, guidato da Ugo Chessa a 17 nodi. Alle 22:25, la prua colpisce la cisterna n. 7 dell’Agip Abruzzo, liberando 270.000 litri di Iranian Light che divampa, generando un rogo da 900°C. Ma Thermes e Olivieri, dalla costa, giurano di aver visto fumo dalla petroliera prima, un’anomalia che i loro occhi esperti—forgiati dalla disciplina navale—non confondono con la nebbia, seguito poi da un black-out. Pacini, mai ascoltato dai magistrati, rincara: nelle foto post-disastro, una spingarda—manichetta antincendio—sembra installata sul ponte dell’Agip Abruzzo, in una zona che sembra coincidere poco con il punto dell’urto con la prua del Moby. Sul traghetto, un danno in alto, sopra la linea di galleggiamento, suggerisce secondo Pacini un colpo diverso, forse di un’altra nave, non della petroliera.
Le registrazioni VHF canale 16 parlano chiaro: alle 22:25, una voce grida “Blue passenger ship, blue passenger ship!” e un confuso “Mayday” si perde nel caos. Alle 23:49:39 poi si inserisce nelle comunicazioni un “This is Theresa, from livorno anchorage I’m moving out”. Nessuna relazione identifica in modo univoco chi fosse in realtà dietro al nome in codice Theresa — Gallant o Cape Breton? — ma Pacini punta alla Gallant, una nave vicina quella notte. E se il fumo, già denso dall’Agip Abruzzo, avesse accecato la Theresa, spingendola a partire e, in piena nube di fumo, urtare il Moby? Quel danno in alto sul traghetto potrebbe essere la sua firma. Per evitare un secondo impatto, Chessa devia, finendo nella cisterna della petroliera in totale black-out, un rogo che amplifica un disastro già iniziato.
L’Agip Abruzzo, ancorata illegalmente a 2,7 miglia, era in crisi e in black-out? Un incendio preesistente spiegherebbe la spingarda pronta e il fumo che Paolo Thermes e Roger Olivieri videro. Spiegherebbe l’urto al gancio di fissaggio delle scialuppe, sul ponte di coperta superiore (o ponte lance), presso i sostegni di gruetta sopra la linea di galleggiamento.
L’equipaggio del Moby, trovato al ponte e nei corridoi, morì al proprio posto, tentando di salvare i passeggeri contro un fuoco che forse non avevano scatenato. Il monossido dal 6% fino al 90% nei polmoni rivela un’agonia lenta; Alessio Bertrand, salvato alle 23:40, parla di fiamme già alte, ma dall’ambulanza chiede disperato che siano soccorsi i suoi amici. I soccorsi, partiti alle 23:05 verso la petroliera, ignorarono il Moby.
Questa “nebbia” di omissioni—qualcuno che tacque, qualcuno che non vide—avvolge una verità che i testimoni rivelano. L’urto, il mistero della Theresa, il fumo preesistente, il danno in alto: sono fili di un arazzo incompiuto. L’equipaggio, sacrificato a un destino forse già scritto, merita giustizia. Le famiglie attendono, mentre Livorno custodisce una storia che la notte sussurra ancora.
Luca Tacchi

Autore: Luca Tacchi

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