La morte di Papa Francesco e il Cristianesimo nel 2025: tra modernità e rituali antichi

Posta dei Lettori: Elisa Giordano

La morte di Papa Francesco e il Cristianesimo del 2025: tra modernità e rituali antichi

La morte di Papa Francesco non è soltanto la fine di un pontificato: è la conclusione di una visione del mondo. Jorge Mario Bergoglio è stato uno dei papi più controversi della storia recente, amatissimo da chi sognava una Chiesa aperta, inclusiva, povera tra i poveri, ma osteggiato da una parte significativa del clero e del laicato più conservatore. Lo hanno accusato di eresia, di essere un apostata travestito da riformatore, un uomo che parlava più al mondo laico che al cuore dei credenti. Eppure, in un’epoca di confusione spirituale e mutamenti sociali radicali, la sua voce ha incarnato una tensione antica: quella tra il Vangelo e la storia, tra la fede e il tempo.

Papa Francesco ha cercato di ricucire lo strappo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Ha parlato dell’ambiente come “casa comune”, dell’economia come etica, della fratellanza come orizzonte spirituale. È sceso nelle periferie fisiche e simboliche del mondo, incontrando migranti, carcerati, vittime degli abusi del clero. Non ha avuto paura di scalfire l’immagine ieratica della Chiesa: la sua era una pastorale dell’incontro, non del potere. E proprio per questo ha diviso. Ha scandalizzato i custodi dell’ortodossia, ha acceso speranze tra chi da tempo si sentiva ai margini del discorso religioso.

Ma la sua morte lascia una Chiesa ferita, più che riformata. Le tensioni interne sono ancora vive: una parte del clero guarda con sospetto al futuro, temendo un cedimento dottrinale; l’altra implora un cambiamento più profondo, soprattutto sui temi della sessualità, del ruolo delle donne, delle relazioni umane. Intanto, i giovani abbandonano le parrocchie, le vocazioni calano, e il Vangelo sembra echeggiare in un deserto sempre più laico. Il cristianesimo del 2025 non è morto, ma ha cambiato pelle: sopravvive spesso fuori dai confini istituzionali, nelle scelte etiche quotidiane, nelle battaglie per la giustizia e l’ambiente, nella spiritualità vissuta lontano dai dogmi.

La Chiesa oggi è attraversata da un paradosso: mentre alcuni suoi riti millenari affascinano ancora per la loro bellezza e solennità, molti fedeli cercano risposte nuove, parole che parlino davvero alla vita reale. La liturgia custodisce una profondità simbolica che il mondo digitale ha dimenticato, ma rischia di diventare un linguaggio incomprensibile se non si accompagna a gesti autentici, a una fede incarnata, vissuta, che non si rifugia nel passato.

Essere cristiani oggi significa camminare su un crinale. Non basta credere: bisogna interrogarsi, disobbedire se serve, rimanere in tensione tra memoria e profezia. La morte di Papa Francesco è un’occasione per guardarsi dentro, come individui e come comunità. Il cristianesimo del futuro sarà forse meno clericale, meno dottrinale, ma più evangelico. Meno legato ai palazzi, più radicato nelle strade. Forse, meno visibile. Ma non meno vivo.

Posta dei Lettori: Elisa Giordano

Donazione una tantum

Apprezziamo il tuo contributo.

Fai una donazione

Donazione mensile

Apprezziamo il tuo contributo.

Dona mensilmente

Donazione annuale

Apprezziamo il tuo contributo.

Dona annualmente

Lascia un commento