Articolo 3: L’impatto che divise la Notte

Moby Prince. Articolo 3: L’Impatto che Divise la Notte

Quella notte, la rada di Livorno si trasformò in un teatro di ombre e fiamme, un palcoscenico dove la tragedia prese forma. Le Commissioni, grazie al prezioso contributo degli auditi, hanno ricostruito quel mercoledì di inizio primavera.

Il 10 aprile 1991, alle 08:00, il Moby Prince è ormeggiato a Livorno. Il nostromo Ciro Di Lauro lascia la nave per motivi personali, riducendo l’equipaggio a 75. Alle 09:00, Marina Caffarata, moglie del comandante in seconda Lido Giampedroni, apprende di due estranei vicino al garage, che si allontanano senza spiegazioni; l’episodio, riferito alla Commissione, resta un mistero che getterà non poche ombre sulla questione esplosivi (che tratteremo nei prossimi articoli).

Alle 10:00, Maria Giulia Ghezzani, moglie di Ugo Chessa, sale a bordo come passeggera e rimane sul traghetto, un ultimo viaggio in plancia col suo amore di una vita. Dalle 12:00, 66 passeggeri imbarcano auto e bagagli senza intoppi.
Alle 22:03, il traghetto salpa per Olbia e raggiunge progressivamente i 17 nodi, con visibilità di 10 miglia e mare calmo. Angelo Canu, agente penitenziario, gira un video nel salone ristorante, catturando la moglie e le figlie in un’atmosfera serena, gli ultimi istanti di normalità prima della tragedia. Sul finire del video si intravede uno sfarfallio che ricorda tanto un sussulto e un boato pare riecheggiare negli ultimi fotogrammi.

Alle 22:25, una terza nave forse urta il Moby Prince e provoca una virata di 5°: la Commissione della XVIII indica la 21 Oktobar II, a 0,5 miglia, ma Pacini suggerisce la Gallant II, nave USA che si ipotizza sia legata a traffici di armi.
La prua colpisce la cisterna n. 7 dell’Agip Abruzzo, liberando 270.000 litri di Iranian Light Crude Oil, che divampa. Chessa ordina l’emergenza: i passeggeri, inclusa la moglie, si radunano nel salone De Luxe, rifugio corazzato, mentre i marinai si dispiegano per gestire l’emergenza.

Alle 22:27, l’allarme VHF si perde. Il fuoco invade il traghetto, e un passeggero tedesco, con altri, corre al garage per sfuggire, lasciando impronte nella fuliggine; i loro corpi, trovati lì, mostrano morte per monossido.

I passeggeri nel salone De Luxe, invece, resteranno lì ancora molte ore, con i giubbetti salvagente indossati e le valige pronte per uscire, sotto lo sguardo vigile degli ufficiali di bordo. Aspetteranno.

L’equipaggio, fino all’ultimo respiro al comando, fu abbandonato da chi avrebbe dovuto proteggerlo, un sacrificio che pesa come un monito scolpito nel tempo.

Le famiglie, segnate da quel vuoto, trovano nella Commissione una voce per chiedere conto di chi lasciò cadere il sipario del silenzio, un’eco che non si spegne.


Autore: Luca Tacchi

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