In Toscana l’urlo delle tute blu “Il rilancio? Nessuno lo vede”
Da Livorno a Pistoia, da Pisa a Firenze: “Troppe le crisi aperte, questa è la strada della povertà”

In Toscana l’urlo delle tute blu “Il rilancio? Nessuno lo vede”
In sciopero la Toscana metalmeccanica e siderurgica il comparto ha incrociato le braccia per quattro ore, il 7 luglio, in segno di protesta dalle sigle Fin Fiom e Uilm nazionali. La Toscana ha risposto con presidi e picchetti dislocati su tutto il territorio. Da Firenze, con un presidio alla Lippert, poi a Pistoia, alla Hitachi. E ancora, nel pisano, altri presidi davanti alla Piaggio di Pontedera, alla Vitesco di Fauglia, alla Asso Werke di Calcinaia. Un corteo a Lucca, davanti alla prefettura, e infine, a Livorno e Piombino, alla Raffineria Eni nel primo caso, nei pressi dello stabilimento Jsw nel secondo.
Rivendicazioni dello sciopero?
“Il rilancio industriale, l’occupazione, gli investimenti per la transizione sostenibile, per risolvere le crisi aperte”, fanno sapere le sigle tramite nota congiunta. In una fase di grande trasformazione – ecologica, energetica, tecnologica – che attraversa anche l’Italia, per i sindacati urgono “interventi di politica industriale che ancora non si vedono da parte del governo”.
Da qui la richiesta di “apertura di tavoli di confronto sui settori e sulle filiere in difficoltà” volti alla definizione di “piani di sviluppo” che assicurino “vecchia e nuova occupazione”. Oltre a questo, i sindacati chiedono “l’incremento e il confronto sugli investimenti pubblici e privati nei settori strategici e la reindustrializzazione delle aree di crisi, la stabilizzazione dei precari, la valorizzazione e il sostegno al reddito da lavoro, l’impegno comune al confronto e all’uso delle risorse del Pnrr per lo sviluppo del settore metalmeccanico”, riforma degli ammortizzatori sociali compresa.

“Il tessuto industriale livornese e piombinese sono in forte sofferenza – ha spiegato ieri mattina a La Nazione Mauro Macelloni, segreteria Fiom Livorno, prendendo parte al presidio alla Raffineria Eni, in zona Stagno (Livorno) -. Per siderurgia e automotive non vediamo attualmente un futuro. Senza risposte certe dal governo, di qui a Gennaio rischiamo a Piombino 1500 esuberi. A Livorno, poi, per i lavoratori Eni serve al più presto una legge che superi le gare al massimo ribasso negli appalti – ha aggiunto -. Una vera forca caudina che rischia di lasciare a casa molti lavoratori, con salario ridotto”. Non solo, “il reparto della componentistica auto, – ha chiosato Macelloni – verte in una situazione di enorme crisi: è sotto gli occhi di tutti quanto il settore automotive stia subendo una profonda trasformazione dettata dalla transizione all’elettrico. Se a partire da oggi non cominciano a investire, di qui al 2035 conteremo altri esuberi, altri licenziamenti, altra povertà”.