Livorno, 26-5-23 I cinesi padroni dei bar. A Livorno 50 sono di loro. Due su 10. Così perdiamo pezzi della nostra identità.

A Livorno, 50 bar su 264 sono di proprietà dei cinesi.
Nelle piccole e medie città toscane, in pochi anni, l’aumento dei bar cinesi è stato del 500 per cento. Stesso film a Milano, Firenze, Roma e Napoli. Eppure qualcosa si può fare
I bar di Livorno e di tutta la Toscana parlano sempre più cinese. E un’ avanzata militare, inarrestabile, orientali sono ormai padroni assoluti della zona, dai negozi agli appartamenti, dai laboratori di artigianato a qualsiasi tipo di ristorante.
BAR GESTITI DAI CINESI IN ITALIA
Le statistiche dicono che a Milano ormai un bar su dieci è di proprietà di una famiglia cinese. E in altre cittadine lombarde, si arriva a una crescita del tutto fuori controllo. Quattro-cinquecento per cento, in pochi anni. Importante è il tipo di acquisto che i cinesi fanno, una sorta di bar “chiavi in mano”, dove accanto alla licenza per la vendita di caffè, bibite e panini, c’è anche la licenza per la vendita dei tabacchi. E grazie alla seconda leva, la tabaccheria a tutto tondo, l’affare di un piccolo bar si ingrossa. E le casse si riempiono di denaro contante. Il bar nell’ottica orientale è un’impresa che va a sommarsi all’espansione generale dei cinesi in Italia. Snoccioliamo due numeri: 300mila cittadini cinesi residenti in Italia e 50mila imprese super attive, bar compresi.
BAR GESTITI DAI CINESI A LIVORNO
L’avanzata dei cinesi nell’universo dei bar, della ristorazione, dei servizi collegati a queste attività, e in generale nel commercio, non è una novità assoluta. Semmai sorprendono due cose. L’accelerazione del fenomeno, che sembra non avere alcun tipo di argine. Anzi, risale ad aprile. l’incontro tra sindaci livornese e cinese.
A giugno dello scorso anno fu firmato un patto di amicizia tra la città di Livorno e la città cinese di Chengdu.
La finalità del patto di amicizia, (come si legge nella delibera di Giunta numero 713 del 2021) oltre a dare valore ai vantaggi comparati delle due città sulla base del rispetto reciproco, dell’uguaglianza e di ulteriori benefici, serve a promuovere rapporti interattivi tra i due governi ed i rispettivi popoli per realizzare scambi e cooperazione nei settori dell’istruzione, cultura, turismo, affari e commercio.
E la totale indifferenza, una sorta di resa, da parte di qualsiasi livello del consiglio comunale, il consiglio di quartiere, la regione, la provincia, etc… Mani in alto, come se davvero non si potesse fare nulla.
Diventa difficile sentire certe affermazioni:
“Come mai noi cinesi compriamo tanti bar? Perché a Livorno sono attività redditizie e funzionano molto bene. Io personalmente non penso di aver alcun segreto, solo voglia di lavorare. E i livornesi, soprattutto d’estate, voglia di lavorare non ne hanno. E si lamentano sempre che le cose non vanno”. ( Tirreno, 25-5-23)
È quello che avviene a Roma come a Napoli, a Venezia come a Firenze. Ovunque.
D’altra parte i cinesi sono ricchi, hanno molti soldi da investire (spesso in nero), o da riciclare, e hanno capito che l’Italia è un paese perfetto per fare commercio. Specie di piccolo taglio che poi, sommando le transazioni, diventa grande. Il nostro rischio, il nostro spreco come italiani, di fronte a una realtà con la quale bisogna fare i conti con estrema lucidità, è qualcosa che va molto oltre gli aspetti economici. Qui si gioca un pezzo della nostra identità. Ed è quello che rischiamo di sprecare, nelle città, nei quartieri. Come persone e come cittadini.
BAR E TABACCHERIE CINESI IN ITALIA
Il bar non è un luogo qualsiasi. Non è un negozio come un altro. Ha un’anima, radici, talvolta molto profonde, e rami che coprono le comunità di un territorio, di una singola zona. È attorno al bar che si svolge una vita, anche molto intensa, ed ecco perché possiamo considerare il bar come un presidio di relazioni, di rapporti umani e di civiltà. Beni preziosi, quanto immateriali, che non possiamo sprecare o abbandonare nella nostra vita quotidiana.
Certo: bisogna fare i conti, come dicevamo, con la realtà. I cinesi sanno bene dove mettere le mani e i loro soldi. A Roma, per esempio, sono avanzati in modo militare in tutto il Centro storico, sapendo che si tratta di luoghi brulicanti di turisti con il portafoglio aperto. Sono i cinesi a farla da padroni in attività commerciali e pubblici esercizi nelle strade che portano verso il Vaticano. E se un cinese decide di comprare da una famiglia italiana, che magari possiede un bar da qualche generazione, prima o poi ci riesce. Ha l’arma imbattibile del denaro, e della semplicità della negoziazione nel momento in cui arriva la famosa offerta «che non si può rifiutare».
PERCHÉ CI SONO TANTI BAR CINESI IN ITALIA
Sul web assistiamo a un meccanismo paradossale, ai siti interamente dedicati alle compravendite di immobili e di attività commerciali tra italiani, nei panni dei venditori, e cinesi, vestiti da acquirenti.. È il caso del sito Vendereaicinesi.it: si offre anche per tradurre in mandarino i singoli passi della trattativa. O del napoletano Venderefacileaicinesi.it
Quello che accade dopo delinea rapporti di forza squilibrati. Un esempio? Ciò che avviene dopo la cessione di un bar. Tutto assume le sembianze di un mondo cinese. A partire dalla lingua, dai modi e dai toni delle persone che lavorano all’interno del locale. Al punto che in alcun bar acquistati dai cinesi, avviene spesso a Roma, il lavoro è riservato ai cittadini orientali. Ed è vietato innanzitutto a una precisa categoria di potenziali lavoratori: gli italiani. Questo è solo l’ultimo di una catena di danni e di sprechi legati ai cinesi in versione baristi. E nessuno si sogni di dire che non si può fare nulla. I bar italiani vanno in qualche modo protetti e difesi. Come? Come avviene, per esempio, a Torino, dove i cinesi passano con grande fatica nei templi del caffè e della cioccolata calda. Ma certo per aiutare il titolare di un bar a non cedere alle lusinghe dei cinesi, bisognerà pure rendergli la vita più semplice, non massacrarlo di tasse e di burocrazia, e non lasciarlo tramortito sotto i colpi di un caro-affitti che colpisce sempre i più deboli. Anche nel commercio. Anche nel giro dei bar.